Abbiamo incontrato Raffaele Minichiello, il marine reduce del Vietnam con una storia incredibile da raccontare.

51xbgorykxlNei giorni dell’apertura di questo blog ho ricevuto un messaggio da Valentina, una mia carissima amica. «Leggi questa trama per favore, poi ti dico chi è» diceva, ed era accompagnato da un link (questo) rimandante alla scheda descrittiva di un libro intitolato Il marine: Storia di Raffaele Minichiello, il soldato italo-americano che sfidò gli Stati Uniti d’America.

Raffaele è un italiano emigrato giovanissimo dall’Irpinia agli Stati Uniti. A diciott’anni entra nel corpo dei Marines e, non ancora ventenne, trascorre oltre un anno a combattere nel Vietnam, dove viene decorato per le sue azioni eroiche. Al ritorno in patria però, a causa di un torto subito, qualcosa si inceppa; improvvisamente quel Paese che lo aveva accolto e per il quale era disposto a sacrificare la propria vita, sembra rivoltarglisi contro e, per una questione di duecento dollari, Raffaele tenta di farsi giustizia da sé. La situazione precipita e rischia di trovarsi davanti alla Corte Marziale. Determinato a non farsi catturare, escogita un piano che ha dell’incredibile, un’azione che lo porta a dirottare un aereo di linea da Los Angeles a New York e da New York, con l’FBI che gli dà la caccia, proseguire fino a Roma, dove sequestra un’auto della polizia e continua la fuga ancora per qualche chilometro prima di essere arrestato.
Il caso assume contorni sempre più vasti, con il processo che si trasforma in un braccio di ferro tra Italia e Stati Uniti e con un ragazzo che, a soli vent’anni, diventa un simbolo per quella generazione che protesta contro la guerra del Vietnam.
Quella di Raffaele, che si dice abbia ispirato il personaggio di Rambo, è la storia di continue cadute e riscatti, disperazione e ripartenza “da solo contro tutto il mondo”, come si legge nella sinossi del libro.

«Ok, ho letto» ho risposto a Valentina, e lei «lavora come cameriere nel posto dove pranzo tutti i giorni». Non stava scherzando: conosceva davvero il Raffaele Minichiello protagonista del libro e io ho immediatamente deciso che dovevamo incontralo, sederci a un tavolo con lui e sentire tutta la storia dalla sua viva voce.
Ci sono voluti più di due mesi per far coincidere gli impegni di tutti, tempo sfruttato per leggere il libro e documentarci il più possibile in preparazione all’incontro, ma alla fine ci siamo riusciti.
Incontriamo Raffaele in un tardo pomeriggio di inizio giugno, proprio dove lavora. Con lui c’è Fabio, titolare del locale e suo amico personale da più di quarant’anni. Raffaele ci conquista già dal primo sguardo e, dietro ai suoi occhi profondi, non fatichiamo a riconoscere un uomo buono. Seduti intorno a un tavolo dopo l’orario di chiusura e con la luce calda del sole che filtra dalle finestre, iniziamo la nostra conversazione.

Dall’Irpinia all’America

Ripercorriamo la tua storia, a quattordici anni hai lasciato il paese dove sei nato per trasferirti negli Stati Uniti. Che cosa significa per un ragazzino lasciare l’Irpinia e arrivare in America, vedere New York e successivamente attraversare in treno un paese così vasto?

A quattordici anni non conoscevo niente, non avevo mai visto un film, non avevo mai visto la televisione e solo qualche volta avevo ascoltato la radio. Un paio di volte ero stato ad Avellino e solo una volta, passando da Napoli, mi era capitato di vedere il mare. Non avevo mai visto le fotografie e nessuno mai mi aveva spiegato cosa volesse dire New York, un palazzo di dieci piani o addirittura un grattacielo. Oggi il mondo è molto diverso, ma nell’Irpinia di più di cinquant’anni fa non c’era niente, non avevamo elettricità, acqua corrente e, solo da pochi anni, era arrivata la bombola del gas per avere un piccolo fornello in casa. Potete quindi immaginare un ragazzino di quattordici anni che non aveva mai visto niente, prendere un aereo e ritrovarsi nel centro di New York, con le luci, le macchine e le strade immense. Un altro mondo, che non avevo neanche mai immaginato.
In quella città avevamo qualche conoscenza e, dopo esserci fermati per poco più di una settimana, abbiamo preso il treno e attraversato tutti gli Stati Uniti per raggiungere Seattle. Per me era una cosa stupenda, incredibile! Il treno aveva due piani e dalle larghe finestre di quello superiore, ho potuto ammirare i panorami con fiumi, laghi e piccoli centri abitati.

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