Uno dei voli più difficili della mia vita

Sarò molto schietto: quello che sto per descrivervi è stato senza dubbio uno dei voli più difficili della mia vita.

Mi sono trovato, per motivi di lavoro, a prendere un volo da Bogotà a New York (a questo punto è superfluo ricordare i trascorsi burrascosi tra gli autori del blog e la suddetta città). Avevo già volato lungo il tragitto in direzione opposta, ma senza poter vedere niente al di fuori del finestrino poiché, fortunatamente, al momento del decollo il sole stava già tramontando. Al ritorno, invece, la sorte non è stata così generosa. Volo in pieno giorno durante il quale mi sono sorpreso a osservare inorridito il panorama sottostante.

Se siete attenti avete già capito dove voglio andare a parare. Ebbene sì cari lettori, partendo da Bogotà e viaggiando verso New York ci si trova costretti (e sottolineo costretti) a sorvolare il Mar dei Caraibi, con tutto il loro spettacolo osceno fatto di isole e mare cristallino dalle stravaganti colorazioni. È stato decisamente difficile, ma mi sono fatto coraggio e ho documentato lo scempio che si stava compiendo sotto i miei occhi attoniti. Nell’ordine, l’aereo è passato sopra a Giamaica, Cuba, Bahamas e Nassau, prima di proseguire lungo la costa est degli Stati Uniti e arrivare a destinazione. Di seguito, per i più forti di stomaco, un reportage fotografico.

Alla prossima cari amici, pregate per me.

Il concetto di “colpo di grazia”

Lime1Sì lo confermo, New York è la città che preferiamo in assoluto (solo il nome mi provoca della potente pelle d’oca…) ma fortunatamente le occasioni della vita ci hanno portato a visitare anche buona parte del resto del globo. Io infatti vorrei condividere quella volta (è un aneddoto più che una chicca) quando le ho prese di santa ragione dalla malinconia.

Mi trovavo in vacanza sull’isola delle spezie per eccellenza, Zanzibar… e qui mi permetto di fare due digressioni:

  1. Patria natale del signor Farrokh Bulsara in arte Mr. Freddie Mercury (applauso, grazie) nonché, secondo il mio modestissimo e tribolato parere, indiscutibilmente il più grande frontman della storia delle rock band.
  2. Ho soggiornato sul litorale di Kiwengwa, posto orribile! Chilometri di sabbia bianca lambita dolcemente dal cristallino oceano Indiano? Sì, non posso che avere ragione, posto da evitare.

Siamo all’ultimo giorno, le spezie dell’isola mi hanno giocato un brutto scherzo. Ore 7.00 di mattina, lo stomaco è in burrasca, nausea pesante! Il programma della giornata prevede 2 ore di pullman per raggiungere l’aeroporto (la sportività alla guida regna sovrana), 6 ore di aereo con scalo a Mombasa annesso, 40 minuti di macchina per arrivare a casa; oserei dire scenario apocalittico viste le mie condizioni. Prima di partire, con un barlume di lucidità, mi fermo al chiringuito del villaggio e acciuffo un paio di lime da succhiare per cercare di alleviare la nausea.

zanzibar

Zanzibar, scorcio del litorale di Kiwengwa

Inutile dire che l’intero tragitto è stato ovviamente traumatico, il viaggio in pullman mi è sembrato interminabile, febbre e dolori dappertutto, stomaco straripante di gioia, aria condizionata dell’aereo a tutta potenza, il lime e i sacchettini plastificati sono stati i miei migliori amici; ad un tratto è comparsa pure una sedia a rotelle fornita dall’aeroporto ma non ricordo i dettagli per ovvie ragioni…

Tutto ciò finalmente trova una conclusione, sono in macchina con i compagni di viaggio a pochi minuti da casa, mi desto dal torpore e sento una strana presenza in tasca, una specie di pallina. Lentamente tiro fuori l’oggetto, ah! È uno dei due lime zanzibarini presi prima di partire; è intatto, bello, verde, profumatissimo ed è lì che… baaaaaam… improvvisamente ed inesorabilmente mi assalgono tutti insieme una settimana di ricordi, immagini, profumi, fragranze, cibi spiagge, brezza marina! La malinconia mi prende a schiaffi e immediatamente mi è chiaro il concetto di “colpo di grazia”.

La vecchia stazione della City Hall a New York

Bene, incominciamo.
Non è il caso di perdere tempo spiegandovi che New York è la nostra città preferita. Avrete modo di rendervene conto da soli dato che torneremo sicuramente a occuparcene, sfidando le conseguenze che puntualmente si presenteranno: nausea, giramento di testa, perdita di conoscenza… le solite cose di quando si parla di New York, insomma.
Vorrei perciò arrivare subito al dunque, mettendo la prima chicca in infusione e raccontandovi della spedizione alla vecchia stazione della City Hall (di New York, per l’appunto).

Di cosa si tratta?
Per chi non lo sapesse, la linea metropolitana di New York è una delle più antiche e ingarbugliate al mondo e, inevitabilmente, nel corso della sua storia ha subito variazioni che hanno finito per escludere alcune stazioni, rendendole di fatto stazioni fantasma (qui ne parla anche Wikipedia, aprite il link a vostro rischio e pericolo). Una delle più famose è la stazione della City Hall, costruita agli inizi del ‘900 proprio in corrispondenza del municipio e utilizzata fino al 1945 quando, ormai inadatta ai vagoni più moderni concepiti per un numero sempre maggiore di passeggeri, venne chiusa al pubblico. Alcuni treni continuano tuttavia a transitare al suo interno ed esiste un escamotage per poterla vedere.

City Hall Station, New York City

Come fare per vederla?
A quanto pare non sono attualmente previste visite all’interno della City Hall Station, occorre quindi accontentarsi di ammirarla dal finestrino di un vagone. Come? Il tutto è molto semplice. Quello che dovete fare è salire su un treno della linea 6, contraddistinta dal colore verde, viaggiare in direzione sud e una volta arrivati al capolinea (Brooklyn Bridge…aaah che dolore!) non scendere. Il treno ripartirà dopo pochi minuti e, per fare inversione di marcia, passerà proprio per la stazione abbandonata. A questo punto basterà premere le mani contro il vetro per scorgerla in penombra in tutto il suo antico fascino.
Per la cronaca io sono riuscito a girare il video che vedete di seguito per poi perdere conoscenza e rimanere sul vagone per un periodo imprecisato, privo di sensi, su e giù tra Manhattan e il Bronx.

Ok, ricordare questa esperienza non mi ha fatto molto bene. Sento brividi di freddo e male alle ossa. Vado a misurarmi la febbre. Alla prossima.

Nasce Mesedos

Con questo post, di venerdì 17 alle ore 17:00 nasce Mesedos.

Vi starete chiedendo cos’è Mesedos.
Domanda legittima, alla quale purtroppo non è semplice dare una risposta. Probabilmente la miglior spiegazione l’avreste scorrendo gli articoli di questo blog ma, per non lasciarvi sulle spine (ed evitare di giocare sporco), proveremo a descrivere in poche righe di cosa si tratta.

Mesedos è l’idea di mettere nero su bianco i contenuti di innumerevoli discorsi tra due persone con molte passioni in comune. Si parla di viaggi, di cinema e musica, di architettura e sport, di chicche e aneddoti scoperti per caso o fortemente cercati e trovati. Sempre ovviamente con lo stesso risultato: giramenti di testa, svenimenti, febbre, dolori e malessere diffuso; perdita di conoscenza, allucinazioni, secchezza delle fauci e brividi. Come avrete capito, l’iperbole è una costante del nostro modo di trattare gli argomenti e abbiamo voluto mantenerla nei nostri articoli.

Mesedos non è una cosa sola quindi, ma un mix (*) di argomenti e riflessioni, racconti e appunti.

Mesedos è lo schiaffo della malinconia che ti assale improvvisa al ricordo di un viaggio o il brivido di nostalgia che si prova ritrovando in TV (rigorosamente di sabato pomeriggio) un film cult della propria infanzia.
Mesedos è la caserma dei Ghostbusters o il ruggito del T-Rex di Jurassic Park, per dirne un paio.
Mesedos è l’aneddoto riguardante questa o quella rockstar che ascolti incredulo facendo zapping tra stazioni radio.
Mesedos è un luogo con una storia assurda alle spalle o l’incontro inaspettato con uno dei tuoi idoli.
Mesedos è tutto ciò che, per qualche oscuro motivo, arriva a toccare una corda segreta nel nostro immaginario e da lì parte la necessità di condividerlo.

Curiosità e aneddoti, esperienze e passioni, senza uno schema preciso, senza rigide regole a cui attenersi, se non una: assicurarsi di lasciare sempre una chicca in infusione per i nostri lettori.

(*) miscuglio, “mesedos” in diversi dialetti lombardi.